Santa Caterina
la chiesa di santa caterina
Nel cuore della città di Padova, tra i numerosi monumenti storici, non ultimo, troviamo l’antica, preziosa chiesa di S. Caterina d’Alessandria, negli ultimi anni a disposizione del Centro universitario per la preghiera festiva e le numerose iniziative musicali, altro notevole contenitore d’arte.
un po’ di storia…
La prima menzione scritta pervenutaci della chiesa di s. Caterina risale al 1239 e riguarda un oratorium dedicato alla santa; sappiamo però che già in un documento del 1144 è nominata una contrada Sanctae Caterinae. Nel 1308 la chiesa figura tra le parrocchie nelle quali è suddivisa la città di Padova.
Nel 1610 la parrocchia venne soppressa e la piccola chiesa venne assegnata alle monache agostiniane dette anche “convertite”. Il monastero fu iniziato nel 1608 e nel 1627 era pronto ad accogliere le monache trasferite qui fin dagli inizi del secondo decennio del XVII secolo. Nel luogo sono stati rinvenuti inoltre, a seguito degli scavi effettuati in più riprese, segni inequivocabili di presenze romane e preromane.
Nel 1993 la soprintendenza per i beni architettonici e ambientali del Veneto ha iniziato un lavoro di restauro che prevedeva il rifacimento del pavimento e la creazione di un vespaio aerato al fine di diminuire l’umidità interna, fattore questo che pregiudicava la conservazione degli affreschi ancora superstiti sulle pareti. Furono rinvenuti nel sottosuolo numerosi frammenti di epoca romana e paleoveneta. Numerose sono le sepolture presenti, datate tra il 1652 e il 1797. Ma ci sono altri sigilli di due tombe, una delle quali datata 1527.
Numerosi sono pure gli interventi che hanno segnato l’assetto interno ed esterno dell’edificio, traccia dei quali è rimasta visibile nel palinsesto murario.
Nel XIV secolo la chiesa venne ampliata ad ovest e la vecchia facciata venne demolita. A quest’epoca va datato il ciclo di affreschi parzialmente superstite lungo i muri perimetrali di nord est e sud est. A questo momento, che corrisponde anche al passaggio della chiesa da oratorium a parrocchia, appartiene anche l’edificazione del campanile. E’ probabile che in quell’occasione l’interno venga trasformato in un’aula unica.
Un ulteriore significativo intervento sembra poter risalire al XV secolo. Questo intervento provocò il taglio della parte superiore degli affreschi del XIV secolo.
Solo intorno al XVII secolo l’edificio subirà una ulteriore trasformazione. Vengono abbattute e ricostruite le murature del XIV secolo e risollevata la quota pavimentale di 60 cm. Sempre in questi anni viene costruito il muro che separa la chiesa dagli spazi monastici e allestite numerose camere sepolcrali.
La comunità religiosa di santa Caterina
Alla fine del 1500 venne eretto un nuovo e più ampio monastero grazie all’interessamento del vescovo di Padova Marco II Cornaro, perché il precedente era diventato luogo “angustissimo e poverissimo”.
Il 25 aprile 1810 un decreto napoleonico soppresse definitivamente tutte le corporazioni religiose, compresa la parrocchia di s. Caterina esistente fin dal 1300.
Nel 1837 però la sede dell’ex monastero veniva acquistata da mons. Jacopo De Fioretti che ne fece la sede del Pio conservatorio detto di s. Caterina. Scopo del luogo era accogliere giovani fanciulle in pericolo per l’estrema povertà in cui vivevano o per essere state abbandonate dai genitori. Ad esse venivano date un’istruzione elementare ed una educazione domestica fino a che fossero in grado di esercitare qualche onesta occupazione.
I legami con lo studio universitario di Padova
Probabilmente i legami tra la chiesa e l’università risalgono agli albori stessi dello studio patavino ma trovano puntuale documentazione solo a partire dal 1377, data in cui è sancita ufficialmente dallo statuto dei Legisti la consuetudine di compiere una processione presso a chiesa nel giorno della sua festa (il 25 novembre). In quell’anno la Universitas scolarium iuristarum stabilì come celebrazione festiva il 25 novembre data della festa liturgica di s. Caterina, fissando la tradizione di una processione alla sua chiesa.
Chi era Caterina d’Alessandria?
Patrona degli studenti e degli intellettuali la martire lo divenne in seguito ad alcuni episodi biografici. Figlia di un non precisato re d’Alessandria, colta e bellissima, diciottenne cristiana, si rifiutò di sacrificare agli dei e l’imperatore la costringe ad ingaggiare una disputa con cinquanta tra i migliori retori e filosofi di Alessandria. La sue eloquenza sarebbe stata tanto convincente da convertire tutti i suoi avversari. Condannata ad essere straziata dalla ruota dentata, riesce a passare indenne i tormenti ma sarà alla fine sottoposta alla decapitazione. Il suo corpo sarà miracolosamente trasportato fagli angeli sul monte Sinai, nel luogo dove sorgerà uno dei più venerati santuari del mondo cristiano. La sua figura venne a significare la subordinazione delle scienze alla fede e probabilmente per questo, fin dal 1229, era celebrata quale patrona dell’università filosofica e teologica di Parigi.
Il culto di s. Caterina si estese tra i maestri universitari nelle sedi più celebri del sapere. Manca tuttavia un esplicito legame tra la santa e il diritto o il suo insegnamento.
Durante il XVII secolo l’università riprese la cura diretta di propri spazi e altari all’interno della chiesa, ricostruendo lo stesso altar maggiore e provvedendo anche alla sepoltura degli scolari deceduti lontano dalla patria.
Del 1652 è la tomba ancor oggi visibile nella parte centrale dell’aula liturgica (Scolarium Alumni Facultatis Studiosis Sepulchrum) voluta dalla corporazione studentesca. Nel corso dei secoli s. Caterina andò assumendo i caratteri di piccolo pantheon dell’Università.
L’arte
Gli affeschi del XIII-XIV secolo
Alcuni brani di affreschi medioevali furono rinvenuti nel 1992 durante una campagna di lavori di restauro. In base a quanto finora pervenuto si può arguire che la chiesa non ospitò un organico ciclo di affreschi a carattere narrativo, ma vari riquadri isolati e indipendenti tra di loro, frutto di diversi momenti di committenza. Nella parete sud si trova l’affresco più antico, rara testimonianza di pittura duecentesca in Padova. Rappresenta san Massimo in paramenti vescovili e un committente con cartiglio su cui è riportata un’iscrizione invocatoria al santo vescovo.
Su lato nord invece sono presenti tre diversi riquadri. Il più prossimo all’originaria facciata mostra il profilo dell’ovale del volto di una testa di santa incoronata (forse s. Caterina). Sempre sul lato nord, proseguendo verso est, incontriamo un secondo brano raffigurante san Cristoforo con il bambino in spalla. Il terzo brano nella parete settentrionale, ancora una volta estremamente lacunoso, comprende parte di volti di personaggi protagonisti di una sacra conversazione e rappresenta s. Anna, la Vergine e il bambino tra s. Francesco e s. Antonio. L’ultimo affresco medioevale è stato rinvenuto sulla parete est sopra l’altare maggiore. Si è conservato perché nascosto dalla pala d’altare di origine moderna. Esso rappresenta una Madonna con bambino in trono.
Gli altari e le opere di pittura del XVI-XVIII secolo
Nel 1500 esistevano tre altari: quello centrale del Santissimo e due laterali, dedicati a s. Caterina e a s. Giovanni Battista. Quest’ultimo venne sostituito con un nuovo altare dedicato alla Madonna e a s. Giuseppe nel lato destro a metà navata.
Vi troviamo, probabilmente di Ridolfi, una pala raffigurante Madonna con il Bambino e San Giuseppe che indica il Padre Eterno.
Nel lato sinistro troviamo una pala raffigurante il Matrimonio mistico di s. Caterina, opera del Bonaccorsi, commissionata dai legisti dello Studio patavino. Nel 1644 essi stabilirono, su proposta del prorettore e sindaco Germano Angarano, che ogni laureando dovesse aggiungere un mezzo ducatone d’argento quale specifica contribuzione alla fabbrica di s. Caterina. Le ragguardevoli dimensioni (417 × 170 cm) consentono di dedurre che anche l’altare non doveva mancare di imponenza, benché realizzato non in marmo ma in legno.
di s. Caterina, opera di un pittore veneto.
Ai tre altari seicenteschi ne vennero aggiunti altri due tra il 1782 e il 1844. Il primo altare a destra oggi dedicato a s. Caterina ed ornato da una statua lignea policroma della santa è della seconda metà del XVII secolo. A sinistra vi troviamo l’altare della Sacra Famiglia (già del SS: Crocifisso) è della fine del XVII secolo.
L’altar maggiore, opera di F. Fasolato e F. Mangranda (1677- 1703) è costituito da quattro colonne di marmo nero di Genova con capitelli corinzi. Sopra il frontone curvilineo vi sono due angeli distesi e, al centro, lo stemma del vicesindaco, C. Langermann. Sulle colonne esterne due angioletti che reggono ceste di frutta. In alto trovano posto tre statue: la Meditazione (a sinistra), L’Obbedienza (a destra) e la santa titolare al centro. La nuova pala rappresenta il Matrimonio mistico di s. Caterina. Sulla mensa si trova il tabernacolo concepito come un tempietto circondato da piccole colonne e ornato di statuette di terracotta. Il paliotto, decorato a tarsia marmorea, contiene al centro la figura del Cristo benedicente.
Altre opere pittoriche:
il lunettone raffigurante la Cena di Emmaus, di pittore veneto, e L’Annunciazione, opera di B. Moro.
Nel 1660 venne eretto il coro
Sulla volta è raffigurata la Glorificazione
Presso la chiesa di s. Sofia si trova invece il fonte battesimale – oggi utilizzata come pila per l’acqua santa – in marmo rosso di Verona che apparteneva all’arredo lapideo cinquecentesco di s. Caterina.
Giuseppe Tartini
Nella chiesa, è presente la sepoltura del noto compositore fiorentino Giuseppe Tartini. Quarto di nove figli, nacque nel 1692 a Pirano dal fiorentino Giovanni Antonio Tartini e dalla piranese Caterina Zangrando. Arrivò nella città di Padova nel 1708 per iscriversi a giurisprudenza. Sempre più convinto che la sua strada non fosse l’avvocatura, crebbe in lui la convinzione che dovesse dedicarsi alla sua “vera vocazione”, la musica.
Si sposò con Elisabetta Premazore morta nel 1769 e sepolta nella tomba terragna fatta costruire dal Tartini stesso all’interno della chiesa. Decise di legarsi alla cappella musicale della Basilica del Santo come primo violino con il titolo di “capo-concerto”. Vi fu assunto – senza alcuna prova date le già note abilità professionali – nel 1721. Eccettuati i vari concerti tenuti in varie città italiane, si può affermare che Padova fu la sua “città di adozione”.
Morì i 26 febbraio del 1770. Tartini fu senz’altro uno dei musicisti più celebri della cappella antoniana e la sua presenza contribuì ad accrescere lo splendore e la notorietà delle liturgie. Riassumendo la sua vita fu divisa tra il servizio in Basilica, occasionali uscite in altre città, l’insegnamento della tecnica ai giovani allievi che provenivano da ogni parte del mondo e il gusto per le esperienze fisico-acustiche dalla quali scaturì la pubblicazione del Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia, del 1754. A ciò possiamo aggiungere qualche interesse verso la costruzione e il commercio di violini e la pratica compositiva. La sua figura assunse caratteri perfino mitici grazie all’opera di amici, allievi ed estimatori convinti della sua straordinaria singolarità.