Carissime amiche e amici
desta meraviglia ogni anno la forza degli alberi di ciliegio che con caparbia resilienza affrontano e attraversano il freddo dell’inverno, pronti a far esplodere i loro fiori e a liberare nell’aria il loro delicato ed inconfondibile profumo. Così accade pure ai semi di grano, sepolti dalla terra, spesso sovrastati dalla neve, che guidati dalla legge naturale della vita producono la spiga ricolma di chicchi solo dopo aver accettato di marcire.
Un inverno sfidato, una sepoltura assecondata, una fecondità sospesa, un silenzioso e paziente travaglio, una lunga attesa gravida di speranza. Perché sempre, nonostante tutte le intemperie, la vita prevale. E similmente dopo l’arduo ed impegnativo percorso quaresimale, sopraggiunge la Pasqua.
La vicenda del fiore di ciliegio e del chicco di grano in primavera dispiegano il senso della possente energia che esplode anche con la Pasqua di Cristo. La Pasqua che ritorna dietro a questo inverno, talvolta all’apparenza minacciosamente interminabile, in cui ci ha trascinati il Covid 19. La Pasqua che irrompe ancora in questo tempo sospeso, incerto e caotico della pandemia imperterrita.
La carità fraterna, la vicinanza con le persone povere e più fragili, l’amicizia nata dai piccoli gesti, la condivisione della speranza, l’incontro inaspettato dell’altro, il perdono reciproco, la creatività dei doni condivisi. Il silenzio nella preghiera per ritrovare sé stessi e Dio: sono questi i germogli della Pasqua di Cristo. Tutto quello che nel cuore delle donne e degli uomini muove verso la fiducia nella prova e verso la solidarietà nella precarietà, ogni volta che la vicinanza prevale sull’indifferenza, l’amore sull’odio, la riconciliazione sulla divisione, la gratuità sull’interesse, la misericordia sulla condanna, l’accoglienza sul ripiegamento, ha come sorgente la Pasqua di Cristo.
Sappiamo – ha ricordato Papa Francesco nel suo recente viaggio in Iraq – quanto sia facile essere contagiati dal virus dello scoraggiamento che a volte sembra diffondersi intorno a noi. Eppure, il Signore ci ha dato il vaccino più efficace contro questo virus: la speranza. E allora, la primavera della Pasqua che arriva ci doni questa speranza, inondi i nostri cuori di fiducia e del desiderio di mettersi insieme per costruire relazioni più vere e fraterne.
A conclusione aggiungo, un piccolo pensiero di Dietrich Bonoheffer tratto da Resistenza e Resa che ho trovato in questi giorni e che può essere un ulteriore augurio per ciascuno di voi.
Ricordo anche che le celebrazioni del Triduo verranno celebrate nella chiesa di santa Caterina con questo orario: giovedì e venerdì ore 19.00 sabato ore 19,30. Inoltre, sempre sabato la chiesa di san Gaetano di via Altinate rimane aperta per la preghiera personale dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18.
Buona Pasqua!
don Giorgio
L’OTTIMISMO
L’essenza dell’ottimismo non è guardare al di là della situazione presente, ma è una forza vitale, la forza di sperare quando altri si rassegnano, la forza di tener alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, ma lo rivendica per sé.
Esiste certamente anche un ottimismo stupido, vile, che deve essere bandito. Ma nessuno deve disprezzare l’ottimismo inteso come volontà di futuro, anche quando dovesse condurre cento volte all’errore; perché esso è la salute della vita, che non deve essere compromessa da chi è malato.
Ci sono uomini che ritengono poco serio, e cristiani che ritengono poco pio, sperare in un futuro terreno migliore e prepararsi ad esso. Essi credono che il senso dei presenti accadimenti sia il caos, il disordine, la catastrofe, e si sottraggono nella rassegnazione o in una pia fuga dal mondo alla responsabilità per la continuazione della vita, per la ricostruzione, per le generazioni future.
Può darsi che domani spunti l’alba dell’ultimo giorno: allora, non prima, noi interromperemo volentieri il lavoro per un futuro migliore
(Dietrich Bonoheffer).